Best interest of the child

21/12/2021
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Corte di Giustizia dell’UE: obbligo di riconoscimento della bigenitorialità di genitori omosessuali da parte degli enti pubblici al momento del rilascio dei documenti anagrafici del figlio



Lo scorso 14 dicembre, la Grande Camera della Corte di Giustizia dell’Unione europea (causa C-490/20) si è pronunciata su una questione di fondamentale rilevanza in materia di diritto di famiglia e che sta interessando sempre più da vicino la giurisprudenza, spesso chiamata a colmare mancanze e ritardi dei legislatori nazionali ed europei.

La questione pregiudiziale sottoposta ex art. 267 TFUE dal Tribunale amministrativo di Sofia (Bulgaria) all’esame della Corte di Giustizia ha avuto ad oggetto il rifiuto del Comune di Sofia di rilascio dell’atto di nascita di una bambina nata in Spagna nel 2019, figlia di una coppia omoaffettiva composta da una cittadina bulgara e una cittadina del Regno Unito, sposatesi a Gibilterra nel 2018.

Nell’atto di nascita della bambina, rilasciato dall’autorità spagnola competente, entrambe le donne sono state menzionate come madri, mentre il Comune di Sofia, al fine di rilasciare un documento d’identità bulgaro, ha invitato le donne a fornire la specifica indicazione dell’identità della madre biologica, sostenendo che “il modello di atto di nascita […] in vigore a livello nazionale prevede una sola casella per la «madre» e un’altra per il «padre», e solo un nome può apparire in ciascuna di queste caselle”. In assenza di questa precisazione, il Comune di Sofia ha respinto la domanda di rilascio, affermando che la menzione di due genitori di sesso femminile risultava contraria all’ordine pubblico della Repubblica bulgara, che non ammette e non riconosce il matrimonio tra due persone del medesimo sesso.

Il quesito posto dal giudizio del rinvio verteva, dunque, sulla corretta interpretazione dell’art. 4, para. 2, TUE, degli artt. 20 e 21 TFUE, nonché degli artt. 7, 9, 24 e 45 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, al fine di accertare se il rifiuto in esame potesse configurare una violazione dei diritti del cittadino europeo.

La Corte di Giustizia dell’Unione europea, dopo aver dato atto che, secondo gli accertamenti posti in essere dal Tribunale amministrativo di Sofia, è pacifico che la bambina sia cittadina bulgara, ha affermato che sulle autorità bulgare incombe l’obbligo di “rilasciarle un documento d’identità o un passaporto che indichi la sua cittadinanza e il suo cognome come risulta dall’atto di nascita emesso dalle autorità spagnole” e ciò indipendentemente dall’emissione di un nuovo atto di nascita da parte della Repubblica di Bulgaria.

Il presente obbligo trova il suo fondamento nella necessità di garantire alla bambina la tutela del suo diritto, sancito dall’art. 21 TFUE, di circolare e soggiornare liberamente nel territorio dell’UE con ciascuno dei genitori, anche qualora si tratti di due madri, allorché lo status di genitore sia stato accertato da uno Stato membro.

In forza di tali considerazioni, la Corte ha ribadito che l’obbligo di riconoscere il rapporto di filiazione in oggetto si estende a tutti gli Stati membri che, pur restando liberi di riconoscere o meno il matrimonio tra persone dello stesso sesso, sono chiamati a garantire le libertà e i diritti fondamentali spettanti a ciascun cittadino europeo.

È stato altresì affermato che il comportamento dello Stato membro non conforme ai principi sino ad ora espressi, perfettamente integrato dal rifiuto dal quale è scaturito il presente rinvio pregiudiziale, configura violazione degli artt. 7 e 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea concernenti il rispetto della vita privata e familiare, il diritto alla bigenitorialità, nonché la preminenza del principio informatore dell’intera normativa del best interests of the child.

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