Contratto di locazione commerciale o contratto di affitto d’azienda?

29/02/2024
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Nel momento in cui un imprenditore decide di concedere in godimento ad altri la propria attività può scegliere se farlo mediante la conclusione di un contratto di locazione commerciale o di un contratto di affitto d’azienda. Ma quali sono le conseguenze relative alla scelta dell’uno piuttosto che dell’altro schema e come distinguerli?

Ai sensi dell’art. 1615 c.c. “Quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile, l'affittuario deve curarne la gestione in conformità della destinazione economica della cosa e dell'interesse della produzione. A lui spettano i frutti e le altre utilità della cosa”. L'affitto, quindi, è una species del più ampio genus della locazione: quando il bene è produttivo e, quindi, il suo godimento presuppone l'esercizio di una attività da parte del conduttore, le parti stipulano un contratto di affitto, con cui l'affittuario si obbliga a curare la gestione del bene in conformità alla sua destinazione economica, facendo propri i frutti e le altre utilità del bene stesso dietro pagamento di un corrispettivo. Si deve comunque trattare di beni strumentali ad un'attività produttiva umana, anche solo potenzialmente, non essendo rilevante l'attuale improduttività della cosa al momento della conclusione del contratto.

Il contratto di locazione di immobili ad uso diverso da quello abitativo, invece, postula la concessione in godimento al conduttore di beni destinati ad attività economiche, sia relative al lavoro autonomo che a quello imprenditoriale e trova la propria disciplina negli artt. 7-11 e 27-42 della L. n. 392/1978.

La giurisprudenza si è orientata nel distinguere tra locazione e affitto d'azienda nel senso che nel primo caso, oggetto del contratto di cessione in godimento è l'immobile inteso come unità produttiva, il quale attrae ed assorbe gli altri elementi aziendali che hanno, quindi, carattere di accessorietà, anche se non siano materialmente legati all'immobile così da perdere la propria individualità economica, ma vi siano soltanto legati funzionalmente in posizione di subordinazione e coordinazione; nel secondo caso, l'immobile non viene considerato nella sua individualità giuridica ma inteso come una più vasta ed organica unità, in cui l'immobile viene a costituire uno dei beni aziendali, legato da un rapporto di complementarietà e di interdipendenza con gli altri (Cass. Civ. n. 5620/1983; Cass. Civ. n. 3627/1996; Cass. Civ. n. 1243/2000).

Trattasi di locazione ad uso commerciale e non di affitto di azienda, quando il locatore cede in godimento al conduttore i locali ove esercitare l'attività commerciale, e non anche i beni strumentali per detto esercizio, giacché se è vero che la titolarità dell'azienda può essere disgiunta dalla proprietà dei beni strumentali destinati al funzionamento della stessa, è, però, comunque necessario che di questi beni il titolare possa disporre in base a titolo idoneo che gli consenta di destinarli per sé o per altri all'esercizio dell'azienda medesima (Cass. Civ. n. 13689/2001).

Il principio è ribadito allorché si afferma che la locazione di immobile con pertinenze si differenzia dall'affitto di azienda (nella specie, alberghiera) perché la relativa convenzione negoziale ha per oggetto un bene - l'immobile concesso in godimento - che assume una posizione di assoluta ed autonoma centralità nell'economia contrattuale, secondo la sua consistenza effettiva e con funzione prevalente ed assorbente rispetto agli altri elementi che, legati materialmente o meno ad esso, assumono, comunque, carattere di accessorietà, rimanendo ad esso collegati sul piano funzionale in una posizione di coordinazione-subordinazione, mentre, nell'affitto di azienda, lo stesso immobile è considerato non nella sua individualità giuridica, ma come uno degli elementi costitutivi del complesso dei beni (mobili ed immobili) legati tra loro da un vincolo di interdipendenza e complementarità per il conseguimento di un determinato fine produttivo, così che oggetto del contratto risulta proprio il complesso produttivo unitariamente considerato, secondo la definizione normativa di cui all'art. 2555 c.c. (Cass. Civ. n.  20815/2006).

All’affitto d’azienda si applicano le seguenti norme in materia di cessione/usufrutto di azienda, ovvero:

- art. 2557 c.c. divieto di concorrenza: per tutta la durata dell’affitto il locatore deve astenersi dall’iniziare una nuova impresa che per oggetto ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda affittata;

- art. 2558 c.c. successione nei contratti: se non è pattuito diversamente l’affittante subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda che non abbiano carattere personale. Il terzo contraente può recedere entro tre mesi dalla notizia dell’affitto, se sussistenza una giusta causa;

- art. 2561 c.c. usufrutto dell’azienda: esercizio dell’attività sotto la ditta che la contraddistingue, esercitare l’azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte.

Mentre all'affitto di azienda non sono applicabili sia le norme della legge sull'equo canone L. 27.7.1978, n. 392, sia le disposizioni degli artt. 2, lett. e, ss., L. 12.3.1968, n. 326 concernenti le agevolazioni in favore dei soggetti realizzatori di impianti sportivi e ricreativi e non dei soggetti che tali impianti hanno successivamente gestito (Cass. Civ. n. 6591/1995).

Alla luce delle suesposte considerazioni, al fine di scegliere lo schema contrattuale più idoneo a soddisfare gli interessi dei contraenti occorrerà preventivamente chiarire l’oggetto del bene concesso in godimento: l’immobile ovvero l’intera azienda.

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