Corte Costituzionale: il giudizio di inammissibilità sul quesito referendario di abrogazione parziale dell’art. 579 c.p. sull’omicidio del consenziente

28/02/2022
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Il 15 e 16 febbraio la Corte Costituzionale è stata chiamata a esaminare ben otto quesiti referendari promossi lo scorso anno e, conseguentemente, a pronunciarsi sull’ammissibilità o meno degli stessi. Essi possono essere così sinteticamente riassunti:

  • abrogazione parziale dell’art. 579 del Codice penale concernente l’omicidio del consenziente;
  • depenalizzazione della condotta di coltivazione della cannabis ed eliminazione della pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa a essa e alle sostanze a essa assimilate;
  • abrogazione delle disposizioni in materia di incandidabilità (c.d. legge Severino);
  • limitazione delle misure cautelari;
  • modifica dei criteri di valutazioni della professionalità dei magistrati;
  • separazione delle funzioni dei magistrati;
  • eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati del Consiglio Superiore della Magistratura;
  • responsabilità diretta dei magistrati.

Al termine della prima giornata d’esame, con un comunicato stampa la Corte Costituzionale ha informato di aver ritenuto inammissibile il quesito referendario concernente l’abrogazione parziale dell’art. 579 del Codice penale affermando che “…a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”.

Il giorno successivo sono stati esaminati i restanti quesiti sottoposti all’attenzione della Corte e, sempre attraverso un comunicato stampa, la Corte ha reso noto di aver ritenuto ammissibili quattro dei suddetti quesiti aventi ad oggetto la “questione giustizia” - ovverosia: l’abrogazione delle disposizioni in materia di incandidabilità, la limitazione delle misure cautelari, la separazione delle funzioni dei magistrati e l’eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati del CSM - ritenendo che “…non rientrano in alcuna delle ipotesi per le quali l’ordinamento costituzionale esclude il ricorso all’istituto referendario”.

A seguito di tali dichiarazioni, il Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato ha indetto un’inusuale conferenza stampa nella quale ha cercato di spiegare, in attesa del deposito delle relative sentenze, le motivazioni che hanno condotto la Corte a ritenere inammissibili i quesiti concernenti l’abrogazione parziale dell’art. 579 del Codice penale, la depenalizzazione della condotta di coltivazione di sostanze stupefacenti e la responsabilità diretta dei magistrati.

Con riferimento al primo quesito referendario citato, oltre a quanto già riportato nel comunicato della Corte, il Presidente Amato ha sottolineato come la sua ammissione e la successiva eventuale abrogazione della disposizione in parola avrebbero “legittimato l’omicidio del consenziente ben al di là dei casi per i quali l’eutanasia possa aver luogo”.

Va tuttavia osservato che, benché il Presidente abbia rilevato tali rilievi critici, non ha escluso che, qualora venisse sollevata una questione di legittimità costituzionale dell’art. 579 del Codice penale, la Corte possa, come ha già statuito con riguardo alla fattispecie di suicidio assistito, depenalizzare la condotta in presenza di determinate condizioni. Dunque, non rimane altro che sperare in un coscienzioso intervento del Parlamento a chiarimento sulla portata applicativa dell’art. 579 Codice penale, finalizzato altresì a porre un freno alle sempre più intense pressioni politiche e mediatiche.

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