DAT - Disposizioni anticipate di trattamento

31/07/2020
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I progressi della scienza medica, oltre ad aver portato innumerevoli vantaggi a favore dell’umanità, hanno favorito l’emersione di nuove complesse questioni dal punto di vista bioetico e giuridico.

La morte stessa, quale evento naturale, è divenuta un fatto, o forse un processo, particolarmente complesso che sempre più spesso pone malati, medici e famiglie di fronte a scelte estremamente complicate e dolorose, relative a quanto e quando è possibile e giusto insistere con il protrarsi delle cure e quando, invece, è giusto fermarsi.

In Italia, abbiamo assistito ad un lungo ed aspro dibattito in merito alla possibilità di configurare in capo a ciascuno di noi un diritto di decidere se porre o meno termine a cure mediche che, senza speranza di una soluzione, ci condannino ad una condizione di vita che non riteniamo più accettabile.

Basti pensare a vicende umane che hanno profondamente diviso politica ed opinione pubblica, come i casi Englaro, Welby o DJ Fabo. È oramai principio riconosciuto e non contestato che, in base al dettato della stessa Costituzione - artt. 2, 3, 13 e 32 ii) comma Cost. -, oltre che delle convenzioni internazionali, tra cui la Convenzione di Oviedo, e della stessa legge ordinaria, nessuno può essere sottoposto a trattamenti sanitari, ancorché salvavita, senza o contro la sua volontà.

Ma cosa succede se nel momento nel quale un soggetto deve essere sottoposto ad un trattamento sanitario, lo stesso non ha più coscienza e, dunque, non è nelle condizioni per decidere se e per quanto è disposto a subire un determinato trattamento sanitario? E cosa succede se una persona, nel momento in cui deve essere sottoposta ad un determinato trattamento sanitario, si trova in uno stato di incoscienza e non possa quindi dire se e per quanto tempo intende subirlo?

Dopo una lunghissima e complessa gestazione, in Italia è stata approvata la Legge 219 del 22 dicembre 2017 che ha finalmente riconosciuto il c.d. “testamento biologico” o, più correttamente, ha dato regolamentazione alle Disposizioni Anticipate di Trattamento.

L’art. 4 della Legge 219 /2017 prevede, in estrema sintesi, che ogni persona maggiorenne e capace, dopo aver acquisito adeguate informazioni mediche, può, in vista di una futura situazione nella quale potrà versare in stato di incoscienza, esprimere la propria volontà in materia di trattamenti sanitari, oltre al consenso od al rifiuto rispetto a specifici accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche, nonché a singoli trattamenti sanitari.

Attraverso le DAT, il dichiarante ha altresì la facoltà di indicare il nominativo di una persona, suo fiduciario, che lo rappresenti nei rapporti con il personale sanitario, facendo di fatto le sue veci. In tal senso, le disposizioni incluse nel c.d. testamento biologico sono vincolanti non solo per il fiduciario, ma anche per il medico, che non può quindi discostarsene. Sotto questo aspetto la normativa italiana è ancora più precisa e stringente rispetto alla stessa Convenzione di Oviedo che, invece, richiede che il medico debba solo “tenere conto” delle dichiarazioni anticipate di trattamento.

La legge 219/2017, tuttavia, prevede che le dichiarazioni possano anche essere disattese, in tutto o in parte, dal medico stesso solo in accordo con il fiduciario e qualora esse appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente, ovvero allorquando vi siano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle sue condizioni di vita. Inoltre, in caso di difficoltà nel dirimere il conflitto tra il fiduciario ed il medico, la decisione deve essere rimessa al Giudice Tutelare.

Per quanto attiene alla forma, le DAT possono essere redatte tramite atto notarile o scrittura privata autenticata oppure consegnate a mani presso il proprio Comune di residenza o presso le strutture sanitarie dotate di un fascicolo elettronico.

Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT possono essere espresse anche attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare la propria volontà, quale forma di estrinsecazione del diritto all’autodeterminazione. Requisito fondamentale, infatti, è che le DAT vengano redatte in modo tale da rappresentare pienamente quelle che sono le vere intenzioni ed il reale convincimento del disponente. Proprio per tale motivo, è necessario che il disponente si faccia assistere nella loro redazione da un medico e da un avvocato o notai, che godano della sua fiducia.

Oltre a ciò, preme osservare che il Ministero della Salute con il DM n. 168 del 10 dicembre 2019 ha costituito una banca dati ove far affluire tutte le DAT in modo che le stesse siano immediatamente consultabili da parte del personale sanitario chiamato ad intervenire allorquando il paziente non sia più in grado di esprimere in modo consapevole ed informato il proprio consenso alle cure.

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