Factum principis ed emergenza epidemiologica

15/03/2021
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IMPOSSIBILITA’ DELLA PRESTAZIONE PER FACTUM PRINCIPIS: ESCLUSIONE DELLA RESPONSABILITÀ DEL DEBITORE PER I RITARDI DETERMINATI DAL RISPETTO DELLE MISURE DI CONTENIMENTO DEL CONTAGIO DA COVID-19

Le misure restrittive adottate dal Governo al fine di contenere la diffusione del contagio da Covid-19 costituiscono un grave ostacolo all’esercizio delle attività produttive e alla libera circolazione delle merci, compromettendo il rispetto degli impegni contrattualmente assunti dagli operatori economici nei confronti dei propri partner commerciali. In quali casi è possibile escludere la responsabilità per i ritardi determinati dal rispetto della normativa anti-covid?

L’art. 91, comma 1, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, c.d. Decreto Cura Italia, prevede che “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.

Tramite questa disposizione, il legislatore dell’emergenza ha espressamente riconosciuto l’applicabilità della disciplina dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione (art. 1256 c.c.) per c.d. “factum principis”, che esclude ogni responsabilità del debitore per omissioni o ritardi nell’adempimento dovuti a cause a lui non imputabili, come l’emanazione di provvedimenti legislativi per interessi generali (tra cui la tutela della salute pubblica) dopo la conclusione del contratto, che rendano oggettivamente impossibile l’esecuzione della prestazione.
Tuttavia, occorre tenere presente che la fattispecie in esame può essere legittimamente invocata solo in presenza di determinati presupposti.

In primo luogo, ai fini dell’applicazione dell’impossibilità sopravvenuta devono sussistere l’elemento oggettivo dell’impossibilità di eseguire la prestazione in sé considerata e quello soggettivo dell’assenza di colpa da parte del debitore riguardo alla determinazione dell’evento che ha reso impossibile la prestazione. Sicché, in forza del principio genus nunquam perit, la disciplina può trovare applicazione solo quando la prestazione ha ad oggetto la consegna di una cosa determinata o di un genere limitato e non già quando si tratta di una somma di denaro (Cass. civ., sez. II, 15 novembre 2013, n. 25777).

In secondo luogo, secondo giurisprudenza consolidata, i provvedimenti dell’autorità sono suscettibili di determinare l’impossibilità della prestazione solo qualora (i) siano del tutto estranei alla volontà del soggetto obbligato (Cass. Civ. sez. III, 19.10.2007, n. 21973); (ii) non siano ragionevolmente prevedibili, secondo la comune diligenza, all’atto dell’assunzione dell’obbligazione (Cass. Civ. sez. I, 23.2.2000, n. 2059); (iii) il debitore abbia sperimentato tutte le ragionevoli possibilità per adempiere regolarmente (Cass. Civ. sez. III, 8.6.2018, n. 14915).
Infine, per andare indenne da responsabilità il debitore deve dimostrare di essersi adoperato, con il grado di diligenza preteso dall’art. 1176 c.c., per minimizzare al massimo gli effetti nocivi che sarebbero potuti derivare al creditore dalla mancata attuazione del contratto.

In conclusione, a fronte della sussistenza di tali circostanze, il creditore non potrà chiedere il risarcimento del danno, né far valere l’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse ai ritardati o omessi adempimenti, nei confronti del debitore e la prestazione dovrà considerarsi addirittura estinta se il creditore stesso non avrà più interesse a conseguirla ovvero, in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, il debitore non potrà più essere ritenuto obbligato ad eseguirla.

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