Prededucibilità dei crediti professionali nel nuovo sistema delineato dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza: quale sorte per il credito del professionista che assiste il debitore nella presentazione della domanda di liquidazione giudiziale?
Una delle novità più significative introdotte dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza riguarda la disciplina della prededucibilità dei crediti professionali, che, com’è noto, nel vecchio sistema delineato dalla Legge Fallimentare era regolato dal secondo comma dell’art. 111 a norma del quale erano «considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge».
In forza di tale previsione, la giurisprudenza aveva riconosciuto la prededucibilità a quei crediti (i) così qualificati da una specifica disposizione di legge, (ii) sorti in occasione o (iii) in funzione delle procedure concorsuali di cui alla Legge Fallimentare. In particolare, erano considerati crediti sorti in occasione della procedura quelli legati alle spese strettamente inerenti ogni procedura (quali, le spese di giustizia e il compenso del curatore), le spese derivanti dall'esistenza di beni al momento dell'apertura della procedura (ad esempio, quelle per inventario e apposizione dei sigilli) o dall’acquisizione di beni successivamente all’apertura della stessa, le spese giudiziali legate a procedimenti in cui il fallimento era attore o convenuto e i crediti nascenti dall’attività negoziale del curatore. Erano considerati crediti sorti in funzione della procedura, invece, quelli relativi ad oneri riconducibili ad attività o iniziative di terzi dalle quali potevano derivare risultati utili per la massa dei creditori. In questo contesto, la giurisprudenza di merito aveva qualificato come prededucibili i crediti dei professionisti che avevano assistito la società debitrice nella presentazione dell'istanza di fallimento (Trib. Firenze, 01/07/2014) e della domanda di concordato preventivo, poi sfociata in fallimento (Trib. Roma, 22/01/2015).
Tale interpretazione è stata successivamente confermata dalla Corte di Cassazione che, in relazione all’assistenza nella presentazione di una domanda di concordato preventivo, ha chiarito che “il credito del professionista incaricato dal debitore per l'accesso alla procedura è considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all'art. 161 l.fall., sia stata funzionale, ai sensi dell'art. 111, comma 2, l.fall., alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio "ex ante" rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all'incremento dei valori aziendali dell'impresa, sempre che il debitore sia stato poi ammesso al concordato ex art. 163 l.fall” (Cass. civ., Sez. Unite, Sent. 31/12/2021, n. 42093). Rispetto alla presentazione di una domanda di fallimento in proprio, ha sancito che “Il credito del professionista che abbia assistito il debitore nella preparazione della documentazione per la proposizione dell'istanza di fallimento in proprio - sebbene sia attività che può essere svolta personalmente dal debitore ma che lo stesso ha scelto, per ragioni di opportunità o di convenienza, di affidare ad un esperto di settore - costituisce un credito sorto in funzione della procedura fallimentare come tale, prededucibile ai sensi dell'art. 111, comma 2, L. Fall., trattandosi di norma generale, applicabile a tutte le procedure concorsuali, come ormai definitivamente chiarito anche dall'abrogazione dell'art. 182-quater, comma 4, L. Fall., ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134” (Cass. civ., Sez. VI - 1, Ord. 20/09/2021, n. 25313).
Oggi il Codice della Crisi disciplina in maniera specifica le diverse ipotesi di prededucibilità, prevedendo espressamente che: «Oltre ai crediti così espressamente qualificati dalla legge, sono prededucibili: a) i crediti relativi a spese e compensi per le prestazioni rese nell'esercizio delle funzioni rientranti nella competenza dell'organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento; b) i crediti professionali sorti in funzione della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti o del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione e per la richiesta delle misure protettive, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che gli accordi o il piano siano omologati; c) i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che la procedura sia aperta ai sensi dell'articolo 47; d) i crediti legalmente sorti, durante la procedura di liquidazione giudiziale o controllata oppure successivamente alla domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o dell'insolvenza, per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell'esercizio dell'impresa, il compenso degli organi preposti e le prestazioni professionali richieste dagli organi medesimi o dal debitore per il buon esito dello strumento».
Per cui, stando al suo tenore letterale, l’art. 6 CCII limita la prededuzione ai crediti professionali sorti in funzione della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti o del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione e per la richiesta delle misure protettive, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che gli accordi o il piano siano omologati e della presentazione della domanda di concordato preventivo, nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che la procedura sia aperta ai sensi dell'articolo 47 CCII. Manca, invece, un preciso riferimento ai crediti professionali sorti in funzione della presentazione di una domanda di apertura della liquidazione giudiziale e, quindi, il riconoscimento della natura prededucibile del credito del professionista che assista il debitore nella presentazione della domanda di liquidazione giudiziale in proprio.
Su questo aspetto, si registrano due orientamenti interpretativi contrapposti: da un lato, vi è chi ritiene che l’esclusione della prededuzione rappresenterebbe una soluzione irragionevole alla luce (i) della medesima ratio condivisa dagli artt. 6 e 277 CCII da individuare nella volontà del legislatore di favorire la soluzione della crisi d'impresa, assicurando ai professionisti che a vario titolo abbiano assistito il debitore nella presentazione della domanda, di vedere riconosciute con un maggior grado di certezza le proprie ragioni di credito; (ii) del fatto che anche la liquidazione giudiziale rientra tra gli strumenti a cui l’imprenditore può accedere per risolvere il proprio stato di crisi, al pari degli accordi di ristrutturazione e del concordato preventivo, per cui è stata espressamente riconosciuta la prededuzione del credito del professionista che abbia assistito il debitore nella presentazione della domanda; (iii) del consolidato orientamento giurisprudenziale sviluppatosi nel vigore della Legge Fallimentare che aveva riconosciuto la prededuzione del credito del professionista che avesse assistito il debitore nella presentazione della domanda di fallimento in proprio (Trib. Reggio Emilia, 02/05/2023).
Dall’altro, vi è chi nega il riconoscimento della prededuzione sulla base delle seguenti argomentazioni: (i) alle ipotesi enunciate dall’art. 6 CCII deve essere attribuito carattere tassativo, per cui il dettato normativo non si presta ad un’interpretazione analogica ed estesiva ad altre fattispecie non espressamente richiamate dal legislatore; (ii) pur rientrando la liquidazione giudiziale tra gli strumenti di gestione della crisi, essa si differenzia dalle altre procedure concorsuali in quanto non mira specificamente alla soluzione della medesima bensì alla liquidazione integrale del patrimonio del debitore; (iii) con l’introduzione dell’art. 6 CCII è venuto meno il criterio generale della funzionalità delle prestazioni del professionista, in favore di una ratio più concretamente orientata all’effettiva complessità e tecnicità della prestazione professionale ai fini dell’accesso alle procedure concorsuali (Trib. Bergamo, 13 febbraio 2024).
Sebbene le ragioni espresse dal Tribunale di Reggio Emilia siano, a nostro avviso, condivisibili, il secondo orientamento pare essere, al momento, quello prevalente anche alla luce della recente modifica introdotta dal d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (c.d. correttivo-ter) che ha abrogato il secondo comma dell’art. 277 CCII, che contemplava un’ulteriore ipotesi di prededuzione, citato tra le argomentazioni a sostegno del primo orientamento.